Assen 2024
UN RACCONTO
Che poi molti non ci pensano ma il Gp di Assen è situato a 180km da Amsterdam, così anche il viaggio del sabato a scapicollo per prendere il volo da Roma, con quel cazzo di turno mattutino da chiudere in ASL è stato un bel gran premio. Volo alle 16 e 30 tra gincane, incidenti variegati sul raccordo anulare per buttarsi su un classe economica in mezzo a cinghiali puzzolenti e famiglie olandesi allargate. Per fortuna che alle 18 gioca la nazionale Italiana di calcio, che non vedrò con tanto di gioia interiore e tra uno starnuto e qualcuno che sgranocchia panini impossibili alle 20 mi trovo sul suolo olandese, il tempo per farmi una birra e un pezzo di tramezzino e il mio amico è già lì, fuori dall’aeroporto con la sua famigliare scassata; a lui non frega un cazzo delle corse in moto, per me, le corse sono invece tutto.
La serata passa veloce, si sta in famiglia, sono lontani ormai i tempi delle scorribande notturne sui canali di Amsterdam e domani la sveglia è all’alba, alle 5 del mattino perché il responsabile marketing del team ci aspetta per le 9, prima insomma che inizi un po' tutto. Io sono gasato, stanco, gioco un po' con i figli del mio amico, spiego il mondo della MotoGP che sembra così misterioso e criptico per i non addetti ai lavori e mi metto a dormire ma quando sogno, mi ritrovo sempre su una due ruote futuristica, a Boneville, cercando di battere il record di velocità su quel mitico lago salato.
Si parte, è domenica, ci siamo persi praticamente tutto il weekend fatto di prove libere, prove ufficiali e sprint race. Io tifo Marc perché malgrado le menomazioni fisiche lo ritengo l’unico campione presente nel paddock. Così, sempre sul filo, molte volte per terra ma ancora capace anche con un mezzo inferiore di inventarsi qualcosa, una prodezza, un gioco di prestigio, una vittoria che quest’anno ancora non è mai arrivata. Mi piacerebbe vederlo trionfare ad Assen, l’università del motociclismo così come la chiamano gli appassionati, ma non vincerà e anche il quarto posto della domenica dopo la caduta incauta del sabato gli verrà poi negato da una squalifica per pressione anomala dei pneumatici, insomma una vergogna da tempi moderni.
Arriviamo, camminiamo nel fango del lungo parcheggio e malgrado il traffico non siamo nemmeno così tanto in ritardo tanto che senza nemmeno accorgermene mi trovo nell’ospitality del team americano TrackHouse a sorseggiare caffè mentre il mio partner e amico fraterno parla di sponsorizzazioni mentre io mi perdo nella magia della MotoGP, francamente il mio sport preferito dove se si esclude Marco Pantani rimane il luogo che racchiude quasi tutti i miei miti sportivi: Stoner, Lorenzo ma anche i piloti di un tempo come Bayliss, Mick Doohan e tutte quelle meteore un po' sbandate di fine anni 90 inizio 2000 come McCoy, Barros e potrei continuare ancora per molto, gente che avrebbe preferito farsi amputare un dito che saltare una corsa. Quel mondo testosteronico, macho, per certi versi anche vintage non esiste più. I piloti non bevono birre e nemmeno fumano sigarette, sono atleti veri capaci di correre tranquillamente 10km a piedi in meno di 40 minuti e farsi centinai di km in bicicletta. Sollevano pesi, fanno ginnastica, molto spesso non vanno nemmeno in moto fuori dai gran premi per non rischiare di farsi male. Malgrado questo, nonostante certe cose mi esaltino sempre meno il mondo della MotoGP è sempre meraviglioso, alla mano, come una grande famiglia, un circo, nomadi del deserto che risiedono in camion adibiti ad uffici con camere da letto, ristoranti o palestre. A me piace moltissimo la vita in giro per il mondo e questi ragazzi, ma dovrei dire anche tutti coloro che lavorano nel paddock sono in realtà viaggiatori moderni, appassionati, sognatori che non hanno accettato la routine di un mondo convenzionale.
L’incontro va bene, ovviamente non posso scendere nei dettagli e così con una gentilezza infinita la nostra visita si trasforma in un’esperienza unica, fatta di pit lane, garage, bordo pista incontri con i piloti e ingegneri insomma il massimo che può ambire un appassionato, bambino cresciuto, centauro fino al midollo come il sottoscritto.
Vedere il lavoro ai box per uno smanettone come me è davvero come farsi cinque anni filati di ingegneria, la moto spoglia, smontata e senza carena sembra uno scheletro umano. Tutto è complicato oggi giorno, mi mostrano come tirare la leva “dell’abbassatore” e come impostare le varie mappe elettroniche. I piloti sono super concentrati, metabolizzano sequenze, si isolano e del “nostro” team a me piace molto Miguel Olivera, così serafico, lui anche odontotecnico di professione sa che lo sport professionistico è una parentesi, a volte neppure così lunga, di una vita di un uomo. Lo vedo però in difficoltà durante la corsa, soffre, sta dietro anche se l’Aprilia ufficiale che guida è una moto di tutto rispetto, la vorrei nel garage, almeno provare per un giro e così per restare dentro un universo più umano penso che acquisterò una RS4 una volta tornato a casa.
Andare in pit lane stare con tutti i piloti della MotoGP è davvero emozionate, un sogno possiamo dirlo tranquillamente e così mi sento davvero un ragazzo fortunato per dirla alla Jovanotti. Mi posizioni di fianco all’altro pilota del team, il coriaceo Raul Fernandez ma poi voglio girare per la griglia, osservare tutti i piloti e così scatto foto faccio video e mi accorgo anche che un momento come questo non può essere descritto in un “articoletto” da sito web, ci vorrebbe la solennità di un saggio, di un lavoro accademico, ci vorrebbe quel genio di David Foster Wallace che non sono certo io.
Cammino tra i piloti, faccio su e giù che sembro quasi un invasato, sto un po' con Martin che il prossimo anno andrà in Aprilia lasciando la Ducati, la moto più competitiva in questo momento ma credo che lì sia stata una questione d’orgoglio anche perché il Madrileno anche se giovane all’anagrafe mi pare uomo d’altri tempi. Poi ovviamente mi metto vicino a Marc, è super concentrato, sa di non poter vincere con il mezzo a disposizione, nessuno lo dice, lui non si lamenta certo ma altri ragazzi sono muniti di artiglieria pesante, almeno più della sua.
Esco dalla pit lane ritorno al box ma poi l’emozione di mettermi al muretto per vedere la partenza è davvero troppo grande così sventolo cartelli, mi rendo per quanto possibile utile e tra un frastuono e un rombo assordante decido di andare lungo la pista, nel punto della famosa S di Assen, voglio vedere questi centauri superare i 300km/h, toccare ginocchio e spalla nei curvoni dell’università della moto.
Vince Bagnaia, secondo Martin e terzo un anonimo Bastianini. Marquez (Marc) lotta come un leone ma non riesce ad ottenere più di un quarto posto che poi gli verrà tolto a favore di una decima posizione con penalità.
Prendo la maglietta di Quartararo parlo un po' con tutti, respiro ancora un po' la magia del paddock della MotoGP e penso che solo pochi giorni prima avevamo chiuso lo stadio Olimpico di Roma per i Campionati Europei di atletica, ovviamente, un’altra storia di una vita vissuta al massimo, voluta e a tratti bellissima.
Luca Bartoli
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